Introduzione
Il 2024 è stato un anno ancora una volta molto dinamico per i Mercati volontari dei Crediti di Carbonio, i cui eventi salienti possono essere considerati a nostro avviso:
- l’entrata in vigore a marzo delle nuove Direttive UE sul Greenwashing e sui Green Claims (di cui abbiamo parlato in questo articolo) che hanno introdotto nuove linee guida per le aziende sui temi della sostenibilità ambientale che riguardano anche l’utilizzo dei crediti di carbonio per la compensazione delle emissioni
- il raggiungimento all’interno della COP29 di novembre di un accordo storico sui finanziamenti per l’azione climatica, che ha definitivamente sancito il ruolo fondamentale dei mercati del carbonio per il raggiungimento degli obiettivi definiti nell’Accordo di Parigi
- la definizione delle nuove normative sulle dichiarazioni ESG delle aziende, e in particolare della Corporate Sustainability Reporting Directive, che a partire dal 1° gennaio 2025 regolamenterà le attività in ambito sostenibilità delle aziende più grandi, per poi estendersi nei prossimi anni a una platea sempre più ampia di imprese, che saranno quindi chiamate a rendicontare in modo sempre più strutturato e conforme il loro impatto climatico e le azioni effettuate per ridurlo
Notizie sicuramente positive e di buon auspicio per la regolamentazione e lo sviluppo futuro dei mercati dei crediti di carbonio, ma anche nel 2024 non sono mancate le contestazioni a questo meccanismo, e gli scandali che hanno contribuito a minarne credibilità e affidabilità.
Tra questi, in particolare, quello più significativo ha riguardato l’azienda statunitense C-Quest Capital (uno dei più grandi sviluppatori di progetti di improved cookstoves al mondo), che in seguito a un’inchiesta di frode si è vista costretta a cancellare dal registro di Verra oltre 5 milioni di crediti di carbonio generati dai suoi progetti in tutto il mondo.
Com’è andato il mercato nel 2024
Luci e ombre quindi anche per il 2024 all’interno del Mercato Volontario dei Crediti di Carbonio.
Ma alla fin fine, per capire come è andato davvero l’anno, i dati da esaminare sono quelli dei ritiri di crediti di carbonio sui due principali registri del mercato volontario: il VCS di Verra e l’Impact Registry di Gold Standard (che insieme canalizzano oltre il 90% delle transazioni dei crediti di carbonio sui registri accreditati a livello mondiale).
L’andamento 2024 dei ritiri sul VCS di Verra
Il primo registro esaminato è il Verified Carbon Standard di Verra.
Come si può evincere dal grafico, i ritiri complessivi di crediti di carbonio dal VCS nel 2024 si sono attestati a poco più di 110 milioni di VCU, in calo rispetto ai 115 milioni del 2023 (-4%), continuando quindi il trend di ridimensionamento in atto da un triennio dopo i volumi record del 2021.
Come nel 2023, su tale importo incidono significativamente i ritiri effettuati da parte di un’unica azienda (Shell), che nel 2024 ha ritirato quasi 11 milioni di VCU (il 10% del totale ritiri globali) contro i 13 milioni ritirati nel 2023.
Oltre a questa, le aziende che hanno ritirato più di 1 milione di crediti nel 2024 (si precisa che circa il 43% dei ritiri globali non riporta l’indicazione dell’acquirente, quindi, potrebbero essercene altre) sono 11, e di queste 5 appartengono al settore dell’Oil&Gas e 3 al settore dei Trasporti.
Analizzando i ritiri per tipologia di progetto, si evince che nel 2024 i progetti AFOLU (Agriculture, Forestry and Other Land Use) hanno fatto registrare circa 59 milioni di ritiri, in linea con quelli del 2023.
Sono calati ulteriormente i ritiri da progetti legati alle energie rinnovabili, passati dai 47 milioni di ritiri del 2023 ai 40 milioni del 2024.
Continuano a crescere invece i ritiri da progetti legati all’Energy Demand (in particolare improved cookstoves) più che raddoppiati dai 3 milioni di VCU ritirate nel 2023 agli oltre 6,5 milioni nel 2024.
Altre considerazioni interessanti emergono esaminando la geolocalizzazione dei progetti.
Nel 2024 sono calati i ritiri di crediti generati da progetti localizzati in Sud America (da 28 milioni a quasi 22 milioni di VCU) e Asia (da 68 milioni a 58 milioni), mentre sono più che raddoppiati quelli da progetti realizzati in Africa (da 12 milioni a oltre 25 milioni).
Va detto che comunque i primi 4 Paesi (Cina, India, Brasile e Indonesia) continuano a canalizzare oltre la metà dei ritiri complessivi dal registro (precisamente il 54%).
Un’ultima considerazione interessante: i ritiri di crediti di carbonio generati da progetti con certificazioni addizionali (quali ad esempio il CCB e l’SD VISta di cui abbiamo parlato diffusamente qui), al contrario di quanto avvenuto negli ultimi anni, sono calati da 53 milioni nel 2023 a 51 milioni nel 2024 (-4%).
Il calo dei ritiri da progetti che non presentano certificazioni addizionali è stato leggermente più marcato, da 62 milioni a 59 milioni (-5%).
L’andamento 2024 dei ritiri sul Gold Standard
Il secondo registro che abbiamo esaminato è stato quello della Gold Standard Foundation, il secondo più importante per entità dei volumi transati all’interno del mercato volontario.
Esaminando l’andamento dei ritiri si vede che il 2024 è stato un anno di ulteriore accelerazione della crescita, con i volumi che sono passati da 27 milioni a oltre 35 milioni di crediti (+30%), trainati soprattutto dai progetti community-based.
Anche in questo caso Shell si posiziona al primo posto per volumi di ritiri (1,5 milioni), seguita a ruota da ENI Plenitude con volumi simili. Queste due aziende da sole rappresentano quindi circa il 10% dei ritiri complessivi di crediti di carbonio dal registro di Gold Standard e sono le uniche a superare la soglia di 1 milione. Va però detto che circa il 68% dei ritiri (quasi 24 milioni di crediti) non riportano l’indicazione dell’acquirente, quindi, potrebbero essercene altre (Gold Standard ha iniziato a rendere mandatory l’indicazione dell’entità ritirante solo da pochi mesi, in seguito all’adesione all’ICVCM).
Esaminando le tipologie di progetti, i dati 2024 evidenziano come i ritiri di crediti generati da progetti community-based (legati ad esempio alle improved cookstoves e all’accesso all’acqua), che da sempre vedono nel registro di Gold Standard la loro naturale collocazione, siano cresciuti da 10 a 14 milioni, mentre i crediti generati da progetti di energie rinnovabili siano rimasti sostanzialmente allineati ai volumi dell’anno precedente (circa 12 milioni).
Entrando nel dettaglio delle altre tipologie, prosegue la crescita dei ritiri da progetti legati al biogas, passati da 2 milioni nel 2023 a oltre 5 milioni nel 2024.
Esaminando la geolocalizzazione dei progetti, si conferma anche nel 2024 la prevalenza di ritiri di crediti generati da progetti sviluppati in Asia, cresciuti da 16 milioni del 2023 a 20 milioni.
I crediti generati da progetti africani sono tornati a crescere, passando da 8,5 a oltre 12 milioni, mentre quelli sudamericani invece hanno continuato a calare, attestandosi su circa 1,5 milioni di ritiri nel 2024.
Anche per questo registro, i primi 4 Paesi (India, Cina, Turchia e Uganda) interessano il 58% dei volumi complessivi ritirati.
I ritiri effettuati dalle aziende italiane
Quest’anno abbiamo deciso di fare un focus sui ritiri di crediti di carbonio effettuati dalle aziende italiane, per capire quanto effettivamente sia diffuso e utilizzato questo strumento nel nostro Paese.
Va premesso che i dati che seguiranno sono parziali, dal momento che le transazioni senza indicazione dell’acquirente rappresentano, come detto, il 43% dei ritiri totali dal registro VCS e ben il 68% su quello di Gold Standard.
Detto questo, le nostre analisi hanno evidenziato che complessivamente le aziende italiane nel 2024 hanno ritirato quasi 7,9 milioni di crediti di carbonio, di cui 6,1 milioni dal VCS (il 77%) e 1,8 milioni dal Gold Standard (il 23%).
Sembrano volumi molto interessanti (più del 5% dei ritiri globali), ma di questi ben 6,2 milioni di crediti di carbonio sono stati ritirati da aziende del Gruppo ENI (4,7 milioni sul VCS e 1,5 milioni sul Gold Standard).
Escludendo il Gruppo ENI, non sono state tante le aziende italiane (poco più di 30) che hanno ritirato almeno 1.000 crediti, e solo 5 quelle che ne hanno ritirati almeno 100.000, per un volume complessivo di circa 1,6 milioni di ritiri.
I settori più rappresentati sono quelli dell’Oil & Gas (6,5 milioni di crediti ritirati, l’82% del totale), del Manufacturing (700 mila crediti, il 9%), del Finance (190 mila crediti) e dei Trasporti (120 mila crediti).
Esaminando la tipologia di crediti ritirati dalle aziende italiane emerge una prevalenza di quelli generati da progetti AFOLU (il 58% dei volumi totali), seguiti da Community-based (25%) ed Energie Rinnovabili (17%).
Cosa ci dicono questi numeri
Questi dati sono molto interessanti e ci forniscono diversi spunti per alcune considerazioni conclusive sull’andamento del Mercato Volontario dei Crediti di Carbonio nel 2024:
- nonostante la turbolenza e le critiche al meccanismo, i volumi di crediti di carbonio ritirati dai due registri principali sono risultati in lieve crescita per il terzo anno consecutivo, e si stanno riavvicinando gradualmente ai volumi record del 2021, anche se si rilevano andamenti discordanti tra il VCS (che ha perso circa 5 milioni di crediti ritirati) e il Gold Standard (che ne ha guadagnati più di 8)
- esaminando le tipologie di progetti, si rileva una forte crescita dei ritiri di crediti di carbonio generati dai progetti community-based (+7,5 milioni), un consolidamento di quelli generati da progetti agro-forestali e un sensibile calo di quelli generati da progetti di energie rinnovabili (-7 milioni)
- esaminando la localizzazione geografica dei progetti, sono cresciuti tantissimo i ritiri di crediti generati da progetti sviluppati in Africa (+28,5 milioni), mentre sono risultati in calo quelli derivanti da progetti in Asia (-6 milioni) e in Sud America (-7 milioni)
- i crediti di carbonio che incorporano i cosiddetti co-benefits (ovvero il contributo ai vari SDG dell’Agenda ONU 2030) continuano a guadagnare posizioni, segnando un calo meno marcato rispetto agli altri sul registro VCS e una crescita sensibile su quello del Gold Standard (Gold Standard a differenza del VCS non prevede una certificazione addizionale per gli SDG diversi dal 13 – climate action ma la incorpora nella certificazione dei crediti rilasciati)
- esaminando i ritiri di crediti di carbonio effettuati da aziende italiane è evidente come lo strumento sia ancora nella sua fase iniziale di adozione, e a parte qualche rara eccezione (il Gruppo ENI e poche altre grandi aziende dell’Oil & Gas e del Manufacturing) sia ancora poco diffuso e utilizzato nel nostro Paese
Alla luce di questi dati e delle considerazioni che se ne possono trarre, il 2025 si preannuncia come un anno in cui il Mercato Volontario dei Crediti di Carbonio continuerà probabilmente a crescere, trainato dall’azione combinata delle istituzioni (ad esempio le nuove direttive e linee guida sulla rendicontazione in materia di sostenibilità) e del settore privato (ad esempio le tante iniziative a supporto dell’incremento della qualità e dell’integrità dei crediti di carbonio, quali l’ICVCM e la VCMI).
Quello che ci aspettiamo, e auspichiamo, è che la crescita possa essere accompagnata anche da una maggiore selezione dei progetti in base alla qualità degli stessi, e una graduale uscita dal mercato di quelli che non rispettano i requisiti standard minimi e che non apportano co-benefici per le comunità e gli ecosistemi locali oltre a quelli climatici globali di riduzione e assorbimento delle emissioni.
In questa transizione un ruolo determinante lo giocheranno per forza di cose le aziende, che saranno chiamate sempre di più a valutare in modo rigoroso e strutturato la qualità dei crediti di carbonio acquistati attraverso attività di due diligence approfondite sui progetti e di verifica della conformità degli stessi ai nuovi standard internazionali.
In sintesi, in futuro non sarà più sufficiente dichiarare di aver compensato le emissioni residue attraverso l’acquisto di crediti di carbonio, ma i vari stakeholder (clienti, banche, agenzie di rating, ecc) pretenderanno informazioni sempre più complete e dettagliate sui progetti che li hanno generati e sulla coerenza degli stessi con le strategie di sostenibilità delle aziende.