Sono sempre di più i governi e le aziende che decidono di impegnarsi seriamente nel contrasto ai cambiamenti climatici con strategie di decarbonizzazione di medio periodo.
I recenti rapporti dell’IPCC e dell’ultima COP27 di Sharm el-Sheikh evidenziano però come, allo stato attuale, sia praticamente impossibile raggiungere gli obiettivi di Net Zero Emissions senza prevedere la compensazione delle emissioni residue. Questa consapevolezza sta spingendo tantissime aziende a rivolgersi al Mercato Volontario dei Crediti di Carbonio, per compensare la propria impronta carbonica acquistando crediti di carbonio generati da progetti di carbon offsetting certificati. È un mercato giovane e molto dinamico, e in quanto tale ancora poco conosciuto dalle aziende.
Per aiutare imprenditori e decision maker aziendali a orientarsi meglio sui temi della sostenibilità ambientale e dei crediti di carbonio abbiamo intervistato il fondatore di una delle principali società italiane del settore.
Che sei e di cosa ti occupi?
Sono Andrea Cornacchia e fin dagli studi economici ho sempre voluto dar vita ad un’azienda che apportasse benefici per la società e l’ambiente, una realtà di cui andare fieri.
Prima di co-fondare Carbon Credits Consulting insieme al mio socio Davide, stavo sviluppando un nuovo materiale sostenibile come surrogato della pelle e durante le mie ricerche ho scoperto la possibilità di compensarne le emissioni. In quel momento è nata l’idea di Carbon Credits Consulting. Oggi siamo la prima azienda italiana a sviluppare progetti forestali per la generazione di crediti di carbonio certificati ad alto valore ambientale e sociale secondo il Verified Carbon Standard (VCS) di Verra, con un approccio verticalmente integrato.
I progetti già certificati interessano diverse aree forestali del Sud America, che sviluppiamo direttamente anche grazie al team operativo nella nostra filiale di Manaus, la capitale dell’Amazzonia. Nell’ultimo anno, abbiamo deciso di ampliare il nostro portafoglio progetti finanziando e co-sviluppando progetti di efficienza energetica, che contribuiscono ad aumentare significativamente la qualità della vita delle comunità nel Sud del Madagascar (qui trovi maggiori informazioni sul progetto).
Chi produce i Crediti di Carbonio, chi li vende e chi li acquista?
Nel mercato volontario, ovvero dove opera Carbon Credits Consulting, i crediti di carbonio sono generati da aziende e organizzazioni no profit che hanno superato un processo di due diligence da parte dei carbon standard che certificano, registrano ed emettono i crediti di carbonio creati dai progetti.
I crediti sono venduti da soggetti di varia natura. La maggior parte sono reseller, cioè soggetti che acquistano i crediti di carbonio dai project developer come noi, per venderli al cliente finale che vuole compensare le proprie emissioni. Di recente sta aumentando il numero di piattaforme che vendono crediti certificati, ma sono ancora una nicchia. Come per ogni bene, la soluzione migliore è in ogni caso comprare direttamente dallo sviluppatore. In questo modo, oltre al risparmio dei margini di intermediazione, è possibile accertarsi della qualità dei crediti, approfondire eventuali temi e avere accesso a contenuti unici per sponsorizzare l’operazione.
Ad esempio, noi condividiamo con i nostri clienti foto e video degli animali che abitano le nostre foreste provenienti dalle camere trappole. Vedere animali selvatici nel loro habitat naturale resta sempre un’esperienza unica. Per quanto riguarda l’acquisto, i crediti vengono comprati dalle aziende che vogliono mandare un messaggio chiaro: “Noi ci impegniamo per l’ambiente e il futuro”.
Ormai tutte le più grandi aziende a livello mondiale hanno un serio piano di riduzione e di compensazione delle emissioni come Microsoft, Apple, l’European Investment Bank, Kering, Chanel e tante altre.
Perché un’azienda dovrebbe acquistare Crediti di Carbonio?
Se un’azienda vuole dichiararsi carbon neutral deve utilizzare l’unico strumento utile e serio che lo permette: i crediti di carbonio certificati. Fortunatamente ci sono sempre più standard che certificano la carbon neutrality, tra i quali il più famoso è la PAS 2060, che ammettono come strumento di compensazione solo crediti di carbonio certificati dai migliori standard come VCS o Gold Standard.
Difatti la certificazione del progetto che genera crediti di carbonio è fondamentale per garantire certi requisiti, senza i quali ci sarebbe un forte rischio di speculazione e truffe come ad esempio il double counting. Purtroppo, ancora oggi si pensa che basti piantare un po’ di alberi e calcolare approssimativamente la CO2 sequestrata per compensare. Ma queste logiche non fanno altro che muovere i capitali verso soluzioni poco robuste e quasi inutili per contribuire alla mitigazione del cambiamento climatico.
Quali sono i passi che un’azienda deve seguire per fare le cose per bene?
Lo slogan di chi opera nel settore è: misurare, ridurre, compensare e comunicare.
Il primo passo è rendicontare la propria impronta carbonica secondo gli standard più autorevoli come il GHG Protocol o le ISO 14064 o 14067. Una volta rendicontate le emissioni, è necessario studiare e implementare un piano di riduzione che sia in linea con i target dell’Accordo di Parigi, e parallelamente compensare le emissioni residue, che saranno sempre meno nel tempo. Ultimo, ma non per importanza, comunicare. Una comunicazione efficace, trasparente e completa è necessaria e doverosa per far percepire il valore degli impegni presi, in primis a dipendenti e collaboratori, poi ovviamente anche a clienti e investitori. Sottolineo che, data la crisi climatica in cui viviamo, le imprese non possono giocare con le solite buzzwords come carbon free, zero emissions o altri tipi di slogan pretenziosi e mendaci. I messaggi devono essere chiari, non ambigui, completi, oltre che efficaci e accattivanti.
Quali sono i benefici che ne può ottenere?
Un’azienda che decide di intraprendere un percorso serio di riduzione e compensazione delle emissioni sarà premiata in primis dai propri clienti, siano essi privati o aziende. Inoltre, sarà in grado di attrarre i giovani talenti che vogliono lavorare per aziende che pensano al loro futuro e a quello delle prossime generazioni.
Oltre a questo, c’è molto di più. Intraprendere questo percorso, se fatto bene, vuol dire incrementare il proprio score ESG ed essere più bancabile e appetibile per gli investitori. Inoltre, chi ha iniziato prima un piano di riduzione ha anticipato una serie di pratiche che sono diventate poi obbligatorie, o lo saranno a breve. Ad esempio, nel mondo della moda chi ha iniziato a utilizzare materiale riciclato per la produzione si è ritrovato avvantaggiato rispetto al regolamento sulla progettazione ecocompatibile dei prodotti sostenibili. Chi invece ha iniziato a compensare fin da subito, oltre ad avere un vantaggio competitivo, ha già familiarizzato con il mercato dei crediti di carbonio e la tipologia di progetti che li generano. Tale familiarità con i temi porterà a un ulteriore vantaggio competitivo quando tutte le aziende per via della market pressure vorranno compensare le loro emissioni. Molti dei nostri clienti chiedono contratti a lungo termine per bloccare il prezzo dei crediti e scelgono i progetti in base agli SDGs che vogliono sostenere.
Quali sono invece i rischi?
Essendo tematiche molto delicate, l’azienda, soprattutto se non consigliata da un professionista, può trovarsi ad acquistare crediti di carbonio non certificati, o surrogati che possono minare la reputazione aziendale.
Un altro rischio molto comune è quello del greenwashing (ne abbiamo parlato qui), ovvero la diffusione di informazioni parziali o fuorvianti riguardo all’impegno dell’azienda per la sostenibilità. Questo avviene spesso per ignoranza, ma a volte anche per malizia.
Noi, ad esempio, per proteggere i nostri clienti da questi rischi, oltre a vendere crediti di carbonio certificati di alta qualità, li supportiamo anche dopo l’acquisto nel loro processo di comunicazione dell’avvenuta compensazione, al fine di rendere la loro comunicazione a prova di qualunque accusa di greenwashing.
Quali fattori si dovrebbe considerare nella scelta dei crediti di carbonio da acquistare?
Prima di tutto, è necessario assicurarsi che i crediti siano certificati, e che questa certificazione sia avvenuta con un ente rispettabile (ne abbiamo parlato qui).
Un’altra discriminante è rappresentata dai co-benefits collegati. Ad esempio, nei nostri progetti non ci concentriamo solo nella generazione di crediti di carbonio, ma anche nella protezione della biodiversità e nella formazione e il benessere della popolazione locale nelle aree dove si svolge il progetto.
Infine, un’azienda può scegliere la tipologia di progetto da cui acquistare i crediti. I progetti di riforestazione piantano alberi in terreni degradati contribuendo al ripristino di ecosistemi perduti. I progetti REDD+ (ne abbiamo parlato qui) proteggono le foreste dal disboscamento e la degradazione. Altri invece, come i progetti che stiamo sviluppando in Madagascar con Madaprojects, forniscono alle popolazioni più povere accesso a sistemi efficienti di cottura o all’acqua potabile, un diritto fondamentale che spesso non viene garantito dai governi.
Quanto costa tutto questo all’azienda?
L’investimento economico dipende molto dalla tipologia di crediti acquistati e dalla quantità di CO2 emessa. Più alta è l’impronta carbonica, più crediti sarà necessario acquistare per compensare.
Allo stesso tempo anche la tipologia di credito influisce sul prezzo. Ad esempio, crediti premium come i nostri, che salvaguardano anche la biodiversità e le comunità locali delle aree in cui operiamo, hanno un prezzo più elevato. Ma allo stesso tempo hanno un potenziale ritorno più alto per l’acquirente, quando utilizzati nelle strategie di green marketing.
In ogni caso stiamo parlando di cifre molto basse in proporzione al fatturato dell’azienda che compensa, e che risultano ancora più infinitesimali se comparate ai benefici che portano.
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